La Corte di Cassazione, Sez. III, con la sentenza n° 988 del 10 gennaio 2025, si è pronunciata in tema di utilizzabilità delle dichiarazioni acquisite durante le indagini e non ripetibili, per impossibilità sopravvenuta, nel dibattimento.

Nel caso di specie, la Corte era chiamata a pronunciarsi su un ricorso con il quale l’imputato aveva lamentato che la condanna era basata su dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari, poi acquisite come prove nel processo ex art. 512 c.p.p. perché la teste era diventata irreperibile in modo imprevedibile.

I Giudici della Suprema Corte hanno affermato il principio di diritto secondo cui le dichiarazioni rese durante le indagini e non ripetibili nel dibattimento possono costituire la base determinante per la condanna solo se l’assenza di contraddittorio è controbilanciata da solide garanzie procedurali, individuabili nell’esistenza di elementi di riscontro.

Nel caso specifico l’inutilizzabilità delle dichiarazioni non avrebbe inciso sul giudizio di responsabilità fondato sull’identificazione dell’imputato ad opera del sistema di videosorveglianza e di due agenti di polizia giudiziaria.

La decisione della Corte si fonda su uno dei principi fondamentali del giusto processo: il diritto dell’accusato di interrogare e far interrogare i testimoni a suo carico. Principio che va bilanciato con quello di matrice costituzionale di non dispersione delle prove. Pertanto, le dichiarazioni rese al di fuori del contraddittorio in sede di indagini preliminari da soggetto divenuto successivamente irreperibile ed acquisite ex art. 512 c.p.p. hanno valore probatorio a carattere secondario, non potendo essere poste a fondamento della sentenza di condanna in mancanza di altri elementi di prova.