La Corte di Cassazione, Sez. II, con la sentenza n° 18609 del 12 maggio 2021, si è pronunciata in tema di indebito utilizzo di carte di credito e di pagamento ai sensi dell’art. 493 ter c.p., con riferimento all’applicabilità o meno della scriminante del consenso dell’avente diritto.

La Suprema Corte veniva chiamata a decidere sul ricorso proposto avverso la sentenza d’appello che, riformando l’assoluzione pronunciata in primo grado, condannava gli imputati per indebito utilizzo di una carta di credito, intestata alla persona offesa ed usata per ripetuti prelievi di carburante. Il Tribunale aveva ritenuto scriminato il reato dal consenso della persona offesa (art. 50 c.p.), la quale aveva autorizzato l’utilizzo della carta per estinguere il debito sussistente con uno dei due imputati. La Corte d’Appello, invece, poneva alla base della propria sentenza di condanna la circostanza che i prelievi fossero stati di importo complessivo superiore al debito.

I Giudici della Corte, nel confermare la sentenza di condanna, affermano che l’autorizzazione del titolare della carta assume rilevanza, quale scriminate, solo ove sia accertabile in modo chiaro e manifesto che il terzo utilizzatore della carta agisca esclusivamente nell’interesse del titolare legittimo su sua disposizione. Circostanza che, nel caso di specie, veniva esclusa dal prelievo di una somma eccedente quella autorizzata, costituente il debito tra i persona offesa ed imputato.

La Corte di Cassazione esclude, pertanto, la rilevanza di un eventuale consenso dell’avente diritto, confermando l’uso indebito della carta di credito perché non finalizzato all’esclusivo interesse del titolare, bensì al profitto dell’imputato.