La Corte di Cassazione, Sez. II, con la sentenza n° 20789 del 25 maggio 2021, si è pronunciata in tema di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p., con specifico riferimento all’accertamento dell’elemento psicologico.

Quest’ultimo, secondo la norma prevista dall’art. 323 c.p., consiste nel dolo intenzionale: è, infatti, punito colui che intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.

I Giudici della Corte affermano che l’elemento del dolo intenzionale del reato di abuso d’ufficio non va inteso quale dolo esclusivo ed unico dell’azione, potendo concorrere la volontà di arrecare un ingiusto profitto al privato con la realizzazione del pubblico interesse dovendo però il primo costituire l’obiettivo principale dell’azione, effetto questo che implicitamente il Tribunale ha ritenuto sussistere nella condotta dell’indagato valutando molteplicità e reiterazione delle condotte.

In tema di abuso d’ufficio, pertanto, l’intenzionalità del dolo non è esclusa dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, dovendosi ritenere necessario, perché venga meno la configurabilità dell’elemento soggettivo, che il perseguimento del pubblico interesse costituisca l’obiettivo principale dell’agente, con conseguente degradazione del dolo di danno o di vantaggio da dolo di tipo intenzionale a mero dolo diretto od eventuale.