La Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza n° 13252 dell’8 aprile 2021, si è pronunciata in materia di reato di diffamazione, con specifico riferimento all’ipotesi di invio di una e-mail, dal contenuto offensivo, destinata sia all’offeso sia ad altre persone.

La sentenza impugnata innanzi la Suprema Corte confermava, anche agli effetti civili, la condanna dell’imputato per il reato di diffamazione, per aver spedito all’offeso e ad altre dieci persone una e-mail contenente epiteti palesemente offensivi.

Precisato preliminarmente che le e-mail non sono altro che lettere in formato elettronico recapitate dalla casella di posta del mittente a singoli destinatari, non contestualmente presenti, i Giudici della Corte affermato il seguente principio di diritto: la missiva a contenuto diffamatorio diretta all’offeso e ad altri destinatari (almeno due) configura il reato di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese.

Respinta la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la persona offesa era un componente del gruppo destinatario delle e-mail e dunque ha percepito l’offesa quasi in tempo reale.

Secondo i Giudici della Corte, è la nozione di “presenza”  – anche se virtuale – dell’offeso ad assurgere a criterio distintivo tra i reati di ingiuria (depenalizzato) e diffamazione. Tale concetto implica necessariamente la presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso e spettatori ovvero una situazione ad essa sostanzialmente equiparabile realizzata con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (call/ conference, audioconferenza o videoconferenza).

Occorre dunque ricostruire sempre l’accaduto, caso per caso: se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato). Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” (in accezione estesa alla presenza virtuale o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della diffamazione.

Nella fattispecie in esame, l’imputato veniva condannato per il delitto di diffamazione per aver spedito all’offeso e ad altre dieci persone una e-mail contenente epiteti palesemente offensivi, rivolti alla persona offesa indicata per nome. Di qui la conferma della sentenza di condanna.