La Corte di Cassazione, Sezione IV, con la sentenza n° 11688 del 29 marzo 2021, si è pronunciata in tema di operatività del principio di estensione dell’impugnazione nel caso in cui l’ente non abbia appellato la sentenza di primo grado.

Punto di partenza del ragionamento dei Giudici della Suprema Corte  è il principio di autonomia della posizione dell’ente rispetto a quella persona fisica autrice del reato, il quale opera, oltre che sul piano sostanziale, anche sul diritto di impugnazione, che è riconosciuto autonomamente all’uno e all’altra. Secondo i Giudici, l’art. 587 co. 1 c.p.p., che consente al coimputato non impugnante (o che abbia proposto impugnazione inammissibile) di partecipare al procedimento di impugnazione promosso da altro imputato giovandosi della impugnazione di quest’ultimo, non attribuisce all’imputato non appellante un autonomo diritto a proporre ricorso per cassazione nell’ipotesi di mancato accoglimento dei motivi presentati dall’imputato ritualmente appellante. Si tratta di una disposizione normativa analoga a quella prevista dall’art. 72 D.Lgs. 231/2001, che stabilisce che le impugnazioni proposte dall’imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo e dall’ente, giovano, rispettivamente, all’ente e all’imputato, purché non fondate su motivi esclusivamente personali.

L’effetto estensivo dell’impugnazione tende, infatti, ad assicurare la par condicio degli imputati che si trovino in situazioni identiche, ma non determina una riammissione nei termini prescritti per la impugnazione.

Pertanto, l’ente che non abbia proposto appello avverso la sentenza di condanna non può giovarsi dell’impugnazione proposta dall’imputato, essendo le due impugnazioni tra di loro indipendenti.