La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 27905 del 7 ottobre 2020, si è pronunciata in materia di pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente (c.d. “mobbing”), con specifico riferimento alla configurabilità del delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte riguarda i presunti maltrattamenti subiti da una dipendente da parte di alcuni membri dell’amministrazione comunale, per aver adottato una delibera che aveva comportato il trasferimento interno della impiegata, un suo demansionamento, la sua collocazione in un ufficio in precarie condizioni igienico-sanitarie ed un suo isolamento. Condotte che avevano portato, in primo grado, alla condanna degli imputati per maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.

Secondo i  Giudici della Corte, le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. “mobbing”) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, sia cioè caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia.

Elementi, questi, che la Corte di Appello aveva correttamente valutato assenti in una vicenda caratterizzata da contrasti tra i vertici politici e amministrativi di quella amministrazione comunale e una dipendente, che avrebbe potuto far valere le proprie ragioni nella sede della giurisdizione del lavoro, ma non costituenti reato.

Pertanto, solo in presenza delle condizioni e delle circostanze individuate dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento il c.d. mobbing potrà configurare il reato di maltrattamenti. Resta, tuttavia, ferma  la possibilità di far rientrare il mobbing nel concetto di reato di lesioni personali laddove le conseguenze della condotta persecutoria in danno del lavoratore sfocino in patologie psico-fisiche , e sempre che ne venga accertato il nesso di causalità.