La Corte di Cassazione, Sezione IV, con la sentenza n° 121 del 7 gennaio 2020, si è pronunciata in tema di omicidio stradale, con specifico riferimento all’ipotesi in cui il sinistro sia stato causato anche dalla condotta imprudente di altro utente della strada.

Nel caso in esame, l’imputato era alla guida di un furgone, viaggiando ad una velocità superiore a quella consentita, ed urtava un’auto che percorreva la medesima strada in senso opposto e che, senza rispettare la precedenza, eseguiva una manovra di svolta verso sinistra, tagliando la strada alla vettura dell’imputato. L’incidente aveva esito fatale per il guidatore dell’auto.

La questione giuridica affrontata dai Giudici della Corte concerne l’applicabilità o meno, in tema di circolazione stradale, del principio di affidamento, ovvero la possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza. In particolare, se possa essere esclusa la responsabilità dell’automobilista che non rispetta i limiti di velocità se il sinistro stradale è causato anche dalla condotta imprudente di altro utente della strada.

Affermano i Giudici che il principio di affidamento, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza, nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità.

La possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza viene meno quando l’agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere – ed è il caso in esame – che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività.

In ossequio a tale principio, la Corte ribadisce che l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa.

Nel caso sottoposto alla Corte, è emerso che, quando la vittima aveva iniziato la manovra di attraversamento della carreggiata, il furgone condotto dall’imputato si trovava a circa 31 metri dalla zona d’urto; l’auto, quindi, era visibile dall’opposta corsia sulla quale stava sopraggiungendo il furgone. La manovra, seppur imprudente, posta in essere dall’auto poteva, pertanto, essere ragionevolmente prevista dall’imputato. La situazione, dunque, esigeva una condotta che potesse assicurargli la possibilità di arrestare prontamente la marcia del veicolo, e ciò non è stato reso possibile dalla velocità sostenuta del furgone, con conseguente affermazione di responsabilità.