La Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza n° 48623 del 29 novembre 2019, si è pronunciata in materia di appropriazione indebita, prevista e punita dall’art. 646 c.p., con riferimento ai suoi elementi costitutivi.

Secondo i Giudici della Corte l’omessa restituzione della cosa non realizza l’ipotesi di reato di appropriazione indebita, se non quando si ricollega, oggettivamente e soggettivamente, alla c.d. interversio possessionis.

L’inversione del possesso, è elemento costitutivo del reato di appropriazione indebita. Essa può dirsi sussistente allorquando si realizzi un’immutazione del rapporto tra il soggetto e la res, ossia quando il soggetto abbia cessato d’esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi dell’animus rem sibi habendi.

Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, l’indagato, in qualità di responsabile di un’associazione culturale, aveva assunto l’incarico di occuparsi del servizio di biglietteria, relativo ad una mostra organizzata dal Comune ed affidata in gestione ad una cooperativa, assumendo a titolo gratuito l’onere di ricevere dalla cooperativa gli incassi conseguiti per intero, di calcolare e consegnare alla cooperativa le parti di provvigioni ad essa spettante e di versare il resto alle casse comunali. Quest’ultimo impegno non era stato adempiuto dal Grassi, che aveva trattenuto indebitamente la parte di incassi spettante al Comune.

I Giudici hanno confermato quanto affermato dal Tribunale del riesame, che aveva ritenuto insussistente l’inversione del possesso, in quanto l’indagato, attraverso email inviata al Comune, non aveva mai messo in dubbio la titolarità da parte dell’ente di una quota delle somme ricevute dalla cooperativa e che dovevano essere versate al Comune, ma ne aveva chiesto la dilazione, previo primo versamento di una somma. Lo stesso, quindi, attraverso il suo comportamento non ha posto in essere il mutamento della relazione giuridica richiesto per la sussistenza del reato di appropriazione indebita.

La Corte, sul punto, ha poi ribadito il principio secondo cui sono res altrui il denaro o la cosa mobile che confluiscono nel patrimonio di un soggetto con un vincolo di destinazione, sottolineando che non può essere considerata costitutiva di appropriazione indebita ogni condotta di inadempimento di un’obbligazione (S.U. n. 1327/2005)