La Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza del 6 settembre 2019 n. 37303, è intervenuta in tema di arresto in flagranza, soffermandosi sulla nozione di “quasi-flagranza“.

Tale nozione si ricava dall’art. 382 c.p.p., ai sensi del quale si può procedere all’arresto anche di chi, “subito dopo il reato, (sia) inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone” ovvero di chi sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.

I Giudici della Corte si sono soffermati sulla seconda ipotesi, sulla quale si erano recentemente espresse anche le Sezioni Unite con sentenza n. 39131 del 24.11.2015, depositata il 21.09.2016, tuttavia rileggendone il senso e la portata.

Secondo le Sezioni Unite, non sarebbe possibile procedere all’arresto in flagranza sulla base di informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza dei fatti, dal momento che in tale ipotesi difetterebbe la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.

Nella sentenza in esame, invece, i Giudici stabiliscono che la P.G. può procedere all’arresto anche dopo aver percepito “cose o tracce del reato” su segnalazione della vittima o di terzi. Tali elementi devono, tuttavia, sempre esprimere un fondato ed elevatissimo, anche se provvisorio, giudizio di reità a carico dell’arrestato.

In sentenza si precisa che l’art. 382 c.p.p. – nell’ipotesi in cui il soggetto venga sorpreso “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” – non richiede che la P.G. assista direttamente ai fatti contestati. Ciò che rileva è la diretta percezione da parte della P.G. soltanto degli elementi idonei a farle ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità dell’arrestato, in relazione alla commissione del reato avvenuta “immediatamente prima”.