Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza del 8 agosto 2019, n.35814, si sono pronunciate in merito alla seguente questione di diritto: la formazione di una copia di un atto inesistente integra o meno il reato di falsità materiale?

Sul tema si registrano due diversi orientamenti giurisprudenziali.

Un primo orientamento non ritiene necessario, ai fini della punibilità della condotta di falso, un intervento materiale su un atto pubblico, essendo sufficiente che, con la falsa rappresentazione fornita dalla fotocopia, l’atto appaia, contrariamente al vero, esistente.

Secondo un altro orientamento interpretativo, la semplice utilizzazione della fotocopia contraffatta non integra il reato di falsità materiale in assenza di determinate condizioni, ovvero di circostanze di forma e di sostanza, idonee a farla apparire come il documento originale o come la copia autentica dello stesso.

La copia di un atto assume il carattere di documento solo in seguito all’autenticazione del contenuto dell’atto da parte del pubblico ufficiale. Ciò comporta che la falsificazione di una copia priva di attestazione di autenticità non dà luogo ad un illecito penale, in quanto la contraffazione avviene su un oggetto cui sono attribuite le sembianze di ciò che lo stesso non è.

Pertanto, la formazione di una falsa fotocopia di un documento originale inesistente, presentata come tale e priva di qualsiasi attestazione che confermi la sua originalità o la sua estrazione da un originale esistente, non integra alcuna ipotesi di falso documentale, potendo il suo utilizzo costituire, eventualmente, il reato di truffa.

Le Sezioni Unite aderiscono al tale ultimo orientamento, affermando il seguente principio di diritto: la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale.