La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n° 20808 del 15 maggio 2019, si è pronunciata in merito al contrasto giurisprudenziale circa la rilevanza dei precedenti penali quando la recidiva contestata non abbia determinato un aumento di pena.

Questo il quesito rimesso alle Sezioni Unite: “Se la recidiva contestata e accertata nei confronti dell’imputato e solo implicitamente riconosciuta dal giudice di merito che, pur non ritenendo di aumentare la pena a tale titolo, abbia specificamente valorizzato, per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i precedenti penali dell’imputato, rileva o meno ai fini del calcolo del tempo necessario ai fini della prescrizione del reato”.

I Giudici della Corte hanno affermato il principio per cui la valorizzazione dei precedenti penali dell’imputato per la negazione delle attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva in assenza di aumento della pena a tale titolo o di giudizio di comparazione tra la circostanze concorrenti eterogenee; in tal caso la recidiva non rileva ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato.

Quando una circostanza aggravante (nel caso specifico la recidiva) risulti essere subvalente rispetto ad una circostanza attenuante, la Corte ritiene che trovi applicazione il principio del favor rei, dovendosi neutralizzare l’esplicazione degli effetti diretti ed indiretti della stessa (tra cui quello inerente la modifica del termine di prescrizione), nonostante l’implicito riconoscimento, stante la mancata applicazione in termini di aumento di pena.