La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n° 24906 del 4 giugno 2019, si è pronunciata in merito all’ammissibilità o meno della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti e, nello specifico, della circostanza aggravante prevista dall’art. 476, co. II, c.p. (natura fidefacente dell’atto pubblico).

Per “contestazione in fatto” si intende una formulazione dell’imputazione che non enunci letteralmente la fattispecie circostanziale o la specifica norma di legge che la prevede, ma si limiti a riportare gli elementi materiali di fatto che integrano la fattispecie.

I Giudici della Corte hanno affermato il principio per cui non può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell’art. 476 c.p., comma 2, qualora la natura fidefacente dell’atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione con la precisazione di tale natura o con formule alla stessa equivalenti, ovvero con l’indicazione della norma di legge di cui sopra.

In particolare, la Corte ha evidenziato come le norme che regolano la materia della contestazione dell’accusa attribuiscano un rilievo decisivo all’enunciazione in forma chiara e precisa, non solo del fatto, ma anche delle circostanze aggravanti: in tal senso ed a titolo esemplificativo, l’art. 417 c.p.p., lett. b), include, fra gli elementi contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio, “l’enunciazione in forma chiara e precisa” non solo del fatto, ma anche delle circostanze aggravanti.

La Cassazione, sul punto, distingue tra due tipologie di circostanze aggravanti:

1) le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive;

2) le circostanze aggravanti nelle quali, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa include componenti valutative (è il caso dell’aggravante ex art. 476 c.p., comma 2, il cui elemento valutativo è dato dalla possibilità di qualificare l’atto come fidefacente).

Per le prime non si pone problema di ammissibilità della contestazione in fatto poichè l’indicazione dei fatti materiali è idonea a riportare nell’imputazione l’aggravante in tutti i suoi elementi costitutivi

Per le seconde, invece, è necessaria una valutazione compiuta dal pubblico ministero nella formulazione del capo d’imputazione. Pertanto, diviene indispensabile che il risultato di tale valutazione sia esplicitato nell’imputazione. In caso contrario, la contestazione risulterebbe priva di una chiara indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale, con conseguente lesione del diritto di difesa dell’imputato.