La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza n° 15020 del 5 aprile 2019, si è pronunciata sul rapporto tra il reato di omesso versamento di IVA ex art. 10 ter D.Lgs. 74/2000 e la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.

Secondo i Giudici della Corte nel reato di omesso versamento IVA il superamento in misura significativa della soglia di punibilità prevista dall’art. 10 ter D.Lgs. 74/2000 non consente la configurabilità della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis c. p.; allorquando, invece, si tratti di importo di poco superiore a detta soglia, occorre, ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità, valutare la condotta nella sua interezza.

Nel caso di specie, che ha visto la Corte annullare la sentenza di condanna dell’imputato, l’ammontare complessivo di IVA non versata era pari a 252.092 euro, quindi, di soli 2.000 euro circa al di sopra della soglia di 250.000 euro fissata dal Legislatore.

La peculiarità dei reati, come quello in esame, per i quali è prevista una soglia di punibilità risiede nel fatto che in tali casi il grado di offensività della condotta è già stata valutata dal Legislatore. Tuttavia, tale peculiarità non esclude automaticamente l’applicabilità dell’istituto ex art. 131 bis c.p., imponendo, però, la valutazione della condotta nella sua interezza. Ed il parametro di riferimento da prendere in considerazione, proseguono i Giudici, nella suddetta valutazione è il primo comma dell’art. 133 c.p., contenente i criteri di valutazione della gravità del reato. Chiaramente la consistenza del superamento della soglia di punibilità assume valore prioritario; con la conseguenza che solo quando essa sia minima occorrerà valutare congiuntamente gli altri parametri, al fine di verificare se la condotta rientri nei canoni della minima offensività.