La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza del 29 gennaio 2019, n.4457, chiamata a decidere su una questione inerente il reato di resistenza a pubblico ufficiale, si è pronunciata in merito alla scriminante della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale ex art. 393 bis c.p., in relazione alla possibilità di riconoscerla anche nella forma putativa.

La Suprema Corte ha, innanzitutto, qualificato la causa di non punibilità prevista dall’art. 393 bis c.p. come causa di giustificazione, che esclude il carattere antigiuridico della condotta posta in essere dall’agente. Da ciò ne consegue, prosegue la Corte, che non si rinvengono ostacoli all’applicazione anche alla scriminante in parola dell’ultimo comma dell’art. 59 c.p, a norma del quale “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità̀ non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.

Allo stesso tempo, i Giudici hanno precisato che, nell’applicazione dell’art. 59 ultimo comma, non può venire in considerazione l’errore del privato se non nella forma di errore sul fatto, non potendo essere invocata la scriminante putativa quando l’errore dell’agente si traduca in definitiva in un errore di diritto. Non potrà, pertanto, rilevare l’errore del privato nel qualificare come arbitrario un atto in realtà legittimo, posto che l’errore in tal caso, come si è già detto in precedenza, verrebbe a rendere scusabile l’errore di diritto.

Diverso è invece il caso in cui l’errore sia caduto invece sul fatto, determinando nell’agente la giustificata e ragionevole persuasione di trovarsi di fronte ad un atto arbitrario: il privato, a causa dell’errore, deve invero ritenere di versare concretamente in una situazione di fatto, che se effettiva, renderebbe applicabile la causa di giustificazione.

Questo è il caso in cui, secondo la Corte, si è venuto a trovare l’imputato. Questi, cittadino extracomunitario,si era visto sottoposto ad una insistente  attività di identificazione (prima sul treno, poi una volta sceso dal treno) in funzione di motivi – quelli rappresentati dagli operanti al momento del fatto (la notifica di un atto) – non solo non consentiti dalla legge, ma che ragionevolmente erano apparsi ai suoi occhi come pretestuosi (risultando il ricorrente persona che gli operanti già conoscevano) rispetto alle denunce che il ricorrente aveva avanzato nei confronti di magistrati baresi e personale dello stesso commissariato. I Giudici, annullavano la sentenza senza rinvio perchè il fatto non costituisce reato, riconoscendo all’imputato, appunto, la scriminante della reazione ad atti arbitrari, nella forma putativa.

La sentenza in commento, infine, si sofferma anche sulla nozione di “atto arbitrario”, richiamando la decisione della Corte costituzionale (sentenza n. 140 del 1998). Nella nozione di “atto arbitrario” deve essere ricompreso anche l’atto del pubblico ufficiale che, pur essendo sostanzialmente legittimo, sia connotato da difetto di congruenza tra le modalità impiegate e le finalità per le quali è attribuita la funzione stessa, a causa della violazione degli elementari doveri di correttezza e civiltà che debbono caratterizzare l’agire dei pubblici ufficiali nei rapporti col cittadino.