La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 33044 del 25 gennaio 2018, ha affrontato la questione relativa alle modalità di nomina del difensore che assiste l’ente nel procedimento penale ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Questione, questa, che presenta evidenti risvolti di natura pratico/processuale.

I Giudici della Corte, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite 2015, hanno chiarito come, in tema di responsabilità da reato degli enti, il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore di fiducia dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 39.

Ne consegue, secondo la Corte di cassazione, che è inammissibile per difetto di legittimazione, rilevabile di ufficio ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), la richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo.

Nel caso in esame, la richiesta di riesame ed il ricorso per cassazione nell’interesse della sociètà indagata ex D.Lgs. 231/2001, venivano proposti dal difensore in ragione della procura conferitagli dal legale rappresentante della società, cui era contestato di aver commesso il reato presupposto nell’interesse d a vantaggio dello stesso ente.

Alla luce del suindicato principio di diritto, sarà, pertanto, necessario un apposito atto del legale rappresentante della società, con il quale conferisca procura ad un soggetto terzo per la nomina del difensore dell’ente.