La seconda Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n° 34293 del 10 luglio 2018, si è pronunciata in merito all’ammissibilità o meno della misura cautelare reale prevista dall’art. 321 co. I c.p.p. nell’ambito dei procedimenti carico degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

I Giudici della Suprema Corte hanno dato risposta affermativa a tale quesito, giustificando l’applicabilità all’ente del c.d. sequestro impeditivo sia a livello letterale che sistematico.

A livello letterale, la norma che consente l’applicazione del sequestro preventivo c.d. impeditivo anche agli enti, va rinvenuta nell’art. 34 D.Lgs. 231/2001, in base al quale per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

A livello sistematico, l’applicazione del sequestro de quo si può giustificare nella natura generale dell’istituto, che non trova ostacolo di natura logico-giuridica ad essere applicato anche alle persone giuridiche.

La Corte, quindi, ha concluso affermando che, oltre all’espressa e speciale ipotesi prevista dall’art. 53 D.Lgs. 231/2001, ovvero del sequestro preventivo del prezzo o del profitto del reato, nei confronti dell’ente è applicabile anche la normativa generale del sequestro preventivo di cui all’art. 321 co. I c.p.p. I giudici hanno anche escluso qualsiasi incompatibilità fra il suddetto sequestro e le misure interdittive previste dal D.Lgs. 231/2001.