La Corte di Cassazione, Sez. V, con la sentenza n° 36887 dell’11 ottobre 2021, si è pronunciata in tema di truffa, con particolare riferimento alla identità del soggetto indotto in errore e del soggetto che subisce il danno.

I ricorrenti venivano condannati in I e II grado, tra l’altro, per il reato di truffa ai danni di un ASL. In particolare, gli artifizi e raggiri richiesti dall’art. 640 c.p. venivano ravvisati nella duplicazione di fatture.

I Giudici della Suprema Corte hanno affermato che ai fini della configurabilità del delitto di truffa, è necessaria la identità soggettiva tra il soggetto che, indotto in errore dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione patrimoniale e il soggetto passivo del danno.

La Corte si è discostata dal diverso orientamento, che ritiene il delitto di truffa configurabile anche quando il soggetto passivo del raggiro è diverso dal soggetto passivo del danno ed in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalità tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato. Viene invece condiviso l’orientamento che ha individuato un elemento necessario al delitto di truffa nella cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno posto in essere dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione patrimoniale.