La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 6599 del 19 febbraio 2021, si è pronunciata in tema di coltivazione di sostanze stupefacenti (canapa) effettuata all’interno di una privata abitazione.

In sede di appello veniva confermata la condanna dell’imputato per la coltivazione di undici piante di canapa, le cui foglie e infiorescenze risultavano del peso complessivo pari a oltre 16 grammi con principio attivo pari a 102 milligrammi, dal quale erano ricavabili, secondo i parametri tabellari, due dosi di sostanza stupefacente.

La Corte di Appello aderiva, in tal modo, al indirizzo giurisprudenziale che, in ragione della natura di reato di pericolo del delitto di coltivazione, slega la rilevanza penale della condotta sia dalle intenzioni dell’agente che dal numero delle piante coltivate riconoscendo rilevanza, ai fini della incriminazione, unicamente alla conformità della pianta al tipo botanico previsto per la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione ed a produrre sostanza stupefacente.

I Giudici della Corte di Cassazione, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, fanno propri i principi sanciti dalle Sezioni Unite, che hanno precisato che devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore» (SS. UU., n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020, Caruso)

Secondo i Giudici, la fattispecie in esame rappresenta un caso di coltivazione domestica avuto riguardo alle concrete modalità del fatto (le piante erano coltivate in vasi, all’interno dell’abitazione senza la predisposizione di particolari cautele per rafforzarne la produzione, quali la predisposizione di un impianto di irrigazione o illuminazione); al numero davvero modesto di piante (undici) che, in relazione al grado di sviluppo raggiunto hanno consentito la estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata all’uso personale dell’imputato del quale non è stato provato, tra l’altro, l’inserimento in un contesto di spaccio.