La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 442 dell’8 gennaio 2021, si è pronunciata in tema di reato di abuso di ufficio ex art. 323 c.p., così come modificato a seguito della novella della L. 120/2020.

La sentenza in esame costituisce una delle prime pronunce della Suprema Corte successive alla recente formulazione dell’art. 323 c.p., a seguito della novella introdotta dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, che ha modificato il reato di abuso di ufficio, sostituendo le parole “di norme di legge o di regolamento” con quelle ”di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.

In base a tale modifica, ai fini della sussistenza del reato, la norma richiede che la condotta produttiva di responsabilità penale del pubblico funzionario sia connotata, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, dalla violazione di regole cogenti per l’azione amministrativa, che per un verso siano fissate esclusivamente dalla legge (o da atti aventi forza di legge), non rilevando più i regolamenti nè eventuali fonti subprimarie o secondarie, e per altro verso siano specificamente disegnate in termini completi e puntuali.

Ciò determina la conseguente limitazione della responsabilità penale del pubblico funzionario, qualora le regole comportamentali gli consentano di agire in un contesto di discrezionalità amministrativa. Quest’ultima intesa come autonoma scelta di merito, frutto della comparazione tra gli interessi pubblici e quelli privati dell’interesse primario pubblico da perseguire in concreto. Precisando, tuttavia, che l’esercizio di tale potere discrezionale non sfoci in una vera e propria distorsione funzionale dai fini pubblici (c.d. sviamento di potere o violazione dei limiti esterni della discrezionalità).