La Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza n° 34831 dell’7 dicembre 2020, si è pronunciata in tema di diffamazione in caso di invio di e-mail a contenuto diffamatorio.

I Giudici della Corte, ribadendo l’orientamento dominante, affermano che l’invio di e-mail a contenuto diffamatorio, realizzato tramite l’utilizzo di internet, integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, quando plurimi ne siano i destinatari, in presenza della prova dell’effettivo recapito dello stesso, ovvero che il messaggio sia stato “scaricato” mediante trasferimento sul dispositivo del destinatario. In caso di invio multiplo, a pluralità di destinatari, il reato di diffamazione si configura in forma aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p., comma 3, in considerazione del particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica.

Precisa la Corte che, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione, l’utilizzo della posta elettronica non esclude la sussistenza del requisito della “comunicazione con più persone” anche nella ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione del messaggio diffamatorio ad una sola persona determinata, quando l’accesso alla casella mail sia consentito almeno ad altro soggetto, a fini di consultazione, estrazione di copia e di stampa, e tale accesso plurimo sia noto al mittente o, quantomeno, prevedibile secondo l’ordinaria diligenza: è quanto accade, ad esempio, in ipotesi di trasmissione di un messaggio di posta elettronica al responsabile di un pubblico ufficio per motivi inerenti la funzione svolta che, per necessità operative del servizio o dell’ufficio, non resta riservato tra il mittente ed il destinatario ed è, pertanto, destinato ad essere visionato da più persone, salva l’esplicita indicazione di riservatezza.

Analoghe considerazioni valgono anche per l’ipotesi in cui la diffamazione avvenga con il mezzo della PEC.