La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 20572 dell’9 luglio 2020, si è pronunciata in tema dei rapporti tra ordinamento nazionale ed ordinamento sovranazionale (nella specie, quello fondato sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e, nello specifico, in tema degli effetti delle sentenze della Corte EDU sui giudici nazionali.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità della celebre pronuncia della Corte di Strasburgo emessa il 2015 nel caso Contrada alla vicenda di un altro condannato, che del processo svoltosi dinanzi al giudice europeo non era stato parte.

I Giudici della Corte, richiamando i principi sanciti dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 8544 del 24/10/2019) e della Corte Costituzionale (Corte Cost., sent. n. 236 del 2011; sent. n. 49 del 2015), affermano che nei rapporti tra giudice europeo e giudice interno, hanno valore vincolante e fondante l’obbligo conformativo per lo Stato condannato nel giudizio celebrato dinanzi la Corte sovranazionale solamente le statuizioni contenute in sentenze “pilota”, ovvero in quelle che tendano ad assumere un valore generale e di principio.

Negli altri casi, si è precisato, “il giudice comune non resta relegato nella posizione di mero esecutore o di recettore passivo del comando contenuto nella pronuncia del giudice Europeo, poiché una tale subordinazione finirebbe per violare la funzione assegnatagli dall’art. 101 Cost., comma 2, ed eludere il principio che ne prevede la soggezione soltanto alla legge e non ad altra fonte autoritativa (…) il giudice nazionale dispone quindi di un margine di apprezzamento del significato e delle conseguenze della pronuncia della Corte EDU, purché ne rispetti la sostanza e la stessa esprima una decisione che si collochi nell’ambito del diritto consolidato e dell’uniformità dei precedenti, mentre “nessun obbligo esiste in tal senso, a fronte di pronunce che non siano espressive di un orientamento oramai divenuto definitivo”