La Corte di Cassazione, Sezione VI, con la sentenza n° 1676 del 16 gennaio 2020, si è pronunciata in materia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto di reato, in caso di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001.

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso avverso il provvedimento del Tribunale di Torino, che aveva confermato il decreto emesso dal locale G.i.p., avente ad oggetto il disposto sequestro preventivo (anche per equivalente) del profitto di Euro 16.516342,28 a carico degli amministratori di una società, oltre che della società stessa, essa pure inquisita per l’illecito amministrativo previsto e punito dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 24, commi 1 e 2.

I Giudici della Corte affermano il principio per cui, in tema di responsabilità da reato degli enti, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto di uno dei reati di cui all’art. 322 ter c.p. può essere indifferentemente disposto, oltre che nei confronti dell’ente responsabile dell’illecito amministrativo, anche nei confronti delle persone fisiche che lo hanno commesso, con l’unico limite che il vincolo non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto.

Proseguono i Giudici, richiamando la sentenza – Sezioni Unite – n. 26654 del 27.06.2008, che in tema di responsabilità amministrativa degli enti, il criterio d’imputazione del fatto all’ente è la commissione del reato “a vantaggio” o “nell’interesse” del medesimo ente da parte di determinate categorie di soggetti. V’è, quindi, una convergenza di responsabilità, nel senso che il fatto della persona fisica, cui è riconnessa la responsabilità anche della persona giuridica, deve essere considerato “fatto” di entrambe, con l’effetto che l’assoggettamento a sanzione sia della persona fisica che di quella giuridica s’inquadra nel paradigma penalistico della responsabilità concorsuale.

Pertanto, di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato, con la conseguenza che la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso).