La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza n° 3157 del 27 gennaio 2020, si è pronunciata in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001, precisando le nozioni di interesse e vantaggio della società in caso di imputazione per reati ambientali.

Nel caso in esame, la Corte di Cassazione decideva sul ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che confermava la decisione di irrogazione di sanzione amministrativa per illeciti amministrativi ex artt. 5, lett. a), 10, 25-undecies, comma 2, lett. a), n. 1 e 39 D.Lgs. 231/2001 in relazione al reato di traffico illecito di rifiuti, per non aver adottato e attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della stessa specie.

Con riferimento agli alternativi requisiti di “interesse” e “vantaggio”, previsti dall’art. 5 D.Lgs. 231/2001, i Giudici della Corte affermano che, mentre il criterio di interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, e cioè al momento della commissione del fatto, secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, quello del vantaggio assume una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito.

Con specifico riferimento ai reati ambientali di natura colposa, i requisiti dell’”interesse” e del “vantaggio” vanno individuati sia nel risparmio economico per l’ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire la consumazione del reato (in particolare, il superamento dei limiti tabellari), sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo.