La Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza n° 47581 del 22 novembre 2019, si è pronunciata in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale ex art. 216 L. Fall., con specifico riferimento all’ipotesi di distrazione di beni posseduti dall’imprenditore a titolo di leasing.

La Suprema Corte afferma il principio di diritto in base al quale integrano il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale le condotte di sottrazione o dissipazione di beni oggetto di contratto di leasing, pur essendo la proprietà di detti bene della società concedente.

Le condotte distrattive penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 216 L. Fall. sono i “beni appartenenti al fallito”. I Giudici della Corte, chiamati a pronunciarsi con riferimento ai beni posseduti a titolo di leasing, precisano che con il contratto di leasing una parte concede all’altra il godimento di un bene, con facoltà per costui di restituirlo al termine prefissato oppure di riscattarlo attraverso il pagamento di una  somma residua. Ciò comporta che la proprietà del rimane in capo al concedente, con facoltà, però, per l’utilizzatore di acquistarla alla scadenza del termine.

Secondo i Giudici, pur non essendo il bene di proprietà del fallito, qualunque distrazione da parte dello stesso, che impedisca l’acquisizione del bene all’attivo del fallimento, determina una compromissione dei diritti esercitabili dal curatore al termine del contratto, con diretta incidenza sulla formazione della massa attiva. L’utilizzatore è, infatti, titolare del diritto di acquistare il bene alla scadenza del contratto e tale diritto ha senza dubbio un valore economico.

Chiarito ciò, osserva la Corte, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’imputato, occorrerà dimostrare, caso per caso, se la locazione finanziaria abbia in concreto un valore positivo o negativo.