La Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza n° 41012 del 24 settembre 2018, è intervenuta in merito all’interruzione del corso della prescrizione nei procedimenti a carico degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

La II sezione, inserendosi nel dibattito sorto in seno alla stessa Corte, ha aderito all’orientamento secondo cui “l’art. 59 del D.Lgs n. 231 del 2011 (richiamato dall’art. 22 dello stesso testo) rinvia al 405 comma 1 c.p.p. che individua come atto di contestazione dell’illecito, ove prevista, la richiesta di rinvio al giudizio, ovvero un atto la cui efficacia prescinde dalla notifica alle parti, che non è prevista dalla legge”.

I Giudici concludono affermando che “il richiamo che la legge delega effettua alle norme del codice civile non consente di trasformare la richiesta di rinvio a giudizio in un atto recettizio”.

Pertanto, la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica interrompe il corso della prescrizione se emessa, e non anche notificata, entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto. Non è quindi necessaria, ai fine dell’interruzione della prescrizione, la notifica della richiesta di rinvio a giudizio dell’ente.